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'40-'43 Italiani in Grecia e Balcani

Dei massacri compiuti dalle truppe fasciste nei territori da esse occupati, durante la Seconda Guerra Mondiale, poco si sa e mai se ne parla; certo è per la spinosità e per la durezza del tema, che va a ferire la dignità e l'integrità di un frammento della storia del nostro popolo,  che gli Italiani, oggi come ieri, hanno cercato e cercano di evitarne, di scansarne una scientifica e rigorosa trattazione, scevra da preconcetti politici e posizioni parziali, ostacoli nei quali chiunque vorrà informarsi in maniera seria e veritiera sull'argomento dovrà di certo incappare, nel corso delle sue ricerche.

Pertanto, con questo articolo tenteremo di muoverci con la maggior prudenza possibile, che ci accompagnerà nella ricerca di fonti quanto più attendibili e dotate di salde e reali fondamenta storiche; non ci si avvicini a questo testo, comunque, alla stessa maniera con la quale si consulta un testo storiografico, dal momento che esso è stato scritto da semplici studenti che tentano, con non poca fatica, di districarsi tra i grovigli, le asperità ed i nodi spesso irrisolti di questo periodo di storia italiana, sulle ombre del quale ci auspichiamo di accendere anche un piccolo, modesto, esile ma sincero e robusto lume.
Resta comunque, nonostante la scarsa chiarezza dell'argomento, caratteristica cui abbiamo già dato ampio rilievo, la certezza ed il dovere morale per ognuno di noi di non imputare all'intero esercito italiano gli attributi di ferocia e barbarie propri degli atti compiuti da alcuni suoi indegni esponenti, indubbiamente lontanissimi dal grande valore morale che i nostri uomini hanno esplicitato in altre occasioni- si pensi alla sincerità ed al valore delle pagine de "Il sergente nella neve", o di "Quota Albania" e dei suoi protagonisti; si pensi alla tenacia ed alla straordinaria fedeltà verso la bandiera dei membri della divisione Acqui, che, di stanza in Grecia, sull'isola di Cefalonia ,dopo il caos dell'otto settembre, non si arrese ai tedeschi e preferì sacrificarsi sino all'ultimo uomo pur di non gettarsi nelle mani d'uno straniero dalle dubbie intenzioni; ma si pensi anche agli eccidi ed alle violenze perpetrate da membri dell'esercito fascista in terre quali la Grecia, la Jugoslavia e l'Etiopia, delle quali inizieremo ora a trattare.

Tutto ha inizio il 10 giugno del 1940: Mussolini, con parole altisonanti, annuncia l’entrata in guerra dell’Italia contro le potenze in seguito considerate Alleate. Si prospetta agli occhi dei più un imminente successo che avrebbe riportato l’Italia ai fasti di un tempo. Ma, come la storia spesso ci insegna, le aspettative si rivelano fallaci.
Fucilazioni di civili in Slovenia - da www.fisicamente.net
L’inizio della guerra porta per un breve periodo le nostre truppe nel Sud della Francia, dalla quale ben presto se ne andranno alla volta del fronte balcanico, che secondo i piani di Hitler avrebbe dovuto occupare Mussolini.
Quindi il 28 ottobre di quello stesso anno il Duce dichiara guerra alla Grecia, alla quale si dovrà giungere partendo dalle basi precedentemente poste in Albania, occupata militarmente già dal ’39 ma non ancora domita.
“Spezzeremo le reni alla Grecia”  disse; in realtà, la campagna fu un totale disastro, imputabile alle asperità del terreno e alla strenua resistenza portata avanti dai soldati e partigiani greci, che i comandanti italiani non avevano preso nella dovuta considerazione.

In questo contesto di incertezza da una parte e terrore dall’altra inizia a crearsi un clima di forte violenza: Mussolini ordinò numerosi bombardamenti da attuarsi su tutte le città con numero di abitanti superiori ai diecimila volti a fiaccare lo spirito dei Greci .
Inoltre è emblematico un fatto che purtroppo vide come fautori e protagonisti i nostri soldati: quello dell’eccidio di Domenikon. Come risposta all’uccisione di nove soldati italiani l’aviazione rase al suolo questo piccolo villaggio e, dopo essere stati sequestrati dalle proprie abitazioni tutti i maschi, bambini compresi, furono fucilati per mera e disumana vendetta.
I morti furono centodiciotto, e circa altri trentacinque ostaggi provenienti da zone limitrofe vennero ugualmente uccisi. Questo gesto, compiuto all’interno della lotta anti-partigiana, sebbene meno ricordato , non può non ricordare quello messo in pratica dai tedeschi in territorio italiano in occasione della più tristemente famosa strage delle fosse Ardeatine.

Ma una violenza ancora più organizzata e meno sporadica vide come teatro il territorio sloveno.
Qui l’esercito italiano mette piede per la prima volta nell’aprile del 1941. Già nel maggio del 1942 si decide di aprire un campo di concentramento in relazione alla dura lotta in opposizione ai partigiani che, come in Grecia crearono non pochi problemi alle truppe italiane.
Infatti nonostante le condizioni poste agli sloveni a seguito della conquista di questa nazione, sulla carta favorevolissime ed inclini a costruire una pace duratura in quei luoghi già dilaniati da feroci conflitti etnici preesistenti all’arrivo degli italiani, nella realtà più dure di quanto si affermasse e spesso non tenute in conto da membri delle forze occupanti, mossi da odio razziale, la lotta dei partigiani sloveni era feroce ed estenuante per le milizie italiane. Questo portò all’irrigidimento delle condizioni alle quali dovevano adeguarsi gli sloveni. Molti di essi, anche solo perché sospettati di collaborazione con le forze della resistenza, vennero internati in campi di concentramento come quello di Arbe, nel quale vennero imprigionati oltre diecimila fra uomini, donne e bambini.
A causa delle terribili condizioni in cui versavano i gli internati, a cui è necessario aggiungere atti di brutalità attuati dai reggenti del campo, il tasso di mortalità superò persino quello del campo di concentramento di Buchenwald, che si attestava intorno al quindici per cento.

A tutte queste vicende si aggiungano gli atti di ferocia, come stupri, fucilazioni e veri e propri eccidi che anche in Slovenia hanno lasciato una triste traccia ed hanno innestato la reazione di odio altrettanto cruento e deprecabile che portò al dramma delle Foibe.
Ricordando in maniera piuttosto sintetica alcuni tra i più caratteristici fatti che hanno macchiato l’occupazione italiana in queste zone abbiamo voluto creare un breve spiraglio di luce su questo pezzo di storia che spesso tendiamo a dimenticare e del quale ancor più spesso non siamo a conoscenza.
Certi che la conoscenza sia fondamentale nella storia e nella vita auspichiamo che i lettori di questo articolo vogliano approfondire questo o altri argomenti che sentono di dover riportare alla luce con la dovuta attenzione, prudenza e ponderatezza.


Lorenzo Monaco e Filippo Moroni

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