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Nascere in un ambiente mafioso; ribellarsi alla mafia è possibile? Gli studenti del Rinaldini incontrano l'associazione Libera in Aula Magna: (Cristina Cirilli, 4^F)

Qualche anno fa, nella casa sopra la mia, si è trasferita una famiglia con quattro ragazzi: il più grande aveva un anno più di me, l’altro la mia stessa età e due erano più piccoli. L’uomo apparteneva ad un clan mafioso ed era agli arresti domiciliari. Dopo circa un anno ha deciso di collaborare con la polizia. Da quel momento in poi non abbiamo più avuto notizie della sua famiglia.


Il 2 Dicembre la nostra scuola ha ospitato, in aula magna, la Dott.ssa Flavia Fiumara, in rappresentanza dell’associazione Libera che promuove progetti e iniziative contro le mafie. E' stato un interessante momento di riflessione, che continua a farmi pensare e spero che possa aver avuto lo stesso effetto su tutti coloro che vi hanno partecipato.
La relatrice si è mostrata fin da subito appassionata del suo lavoro e questo ha catturato l’attenzione di noi ragazzi. Ci ha raccontato storie di donne e di bambini uccisi dalla mafia; mi ha colpito ascoltare quante vite sono state maltrattate, sfregiate e violentate senza alcun rispetto.

Una cosa, in particolare, mi ha fatto riflettere. La dott.ssa si è soffermata sulle conseguenze che provoca ai più piccoli il fatto di appartenere ad una famiglia mafiosa. Quando si parla di mafia, si pensa ai potenti uomini che gestiscono traffici di armi, droghe, soldi. In pochi, però, pensano ai bambini che, nati all’interno di queste famiglie, ne subiscono inevitabilmente gli effetti. L’argomento mi colpisce particolarmente, perché ho avuto modo di vivere da vicino un’esperienza simile.

Qualche anno fa, nella casa sopra la mia, si è trasferita una famiglia con quattro ragazzi: il più grande aveva un anno più di me, l’altro la mia stessa età e due erano più piccoli. L’uomo apparteneva ad un clan mafioso ed era agli arresti domiciliari. Dopo circa un anno, è stato arrestato e ha deciso di collaborare con la polizia. Da quel momento in poi non abbiamo più avuto notizie della sua famiglia. Mi ricordo che sono rimasta colpita dalla loro partenza improvvisa. Senza alcun preavviso la donna, con i figli, ha lasciato casa, portando via solo le cose fondamentali. E non sono più tornati. La famiglia è stata allontanata da casa per essere protetta, in seguito alla scelta di collaborare.

Mi sono spesso chiesta come sia vivere così. Nei mesi in cui li ho avuti come coinquilini, ho conosciuto i ragazzi, e ho capito che sono tali e quali a noi, con la differenza che sono nati in un sistema famigliare e culturale deviante che segna, in parte, il loro destino. Hanno vissuto sulla loro pelle le scelte del padre, senza volerlo e senza chiederlo. Hanno lasciato questa casa e con essa le loro identità, le loro abitudini, i loro amici. 

Hanno vissuto sulla loro pelle le scelte del padre, senza volerlo e senza chiederlo. Hanno lasciato questa casa e con essa le loro identità, le loro abitudini, i loro amici. 


La dott.ssa Fiumara ci ha spiegato che nascere in una famiglia mafiosa ha conseguenze importanti nella vita dei più piccoli. Rifiutano e odiano la figura paterna, spesso commettono atti di autolesionismo e hanno difficoltà ad accettare le loro origini. 

Penso a quei ragazzi e non riesco a credere che persone come me siano costrette a vivere, all’improvviso, con un’altra identità, poiché quella che si sono fatta fino a un certo punto della loro storia mette a rischio la loro stessa vita.

Ribellarsi alla mafia e quindi rifiutare le scelte della propria famiglia è molto difficile. Possiamo pensare alla vita di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia perché deciso in maniera irresoluta ad allontanarsi da essa.

Non so dove siano e cosa stiano facendo in questo momento della loro vita i ragazzi che ho conosciuto, non so che persone siano diventate ma so che spesso il loro sangue ha deciso al posto loro, e continuerà a farlo.


Libera in numeri

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