PAROLA PER PAROLA

Un passo dopo l’altro.

E’ così che iniziano no? Le grandi storie intendo.

Il protagonista affronta il viaggio, superando ogni peripezia giugendo infine a destinazione. Le labbra incurvate in un sorriso, le gambe stanche e pesanti e gli occhi carichi di parole.

Quindi sì, iniziano proprio così con un passo dopo l’altro.

Tuttavia suppongo che non basti la determinazione di portare un piede avanti all’altro per far sì che ognuno di noi riesca a raggiungere l’epilogo della proprio romanzo. Credo piuttosto che si debba essere capaci di aprirsi un varco lungo il cammino, ogni qual volta questo risulti sbarrato.

Aprire porte.

Ed è proprio qui che nasce il problema.

Vedete, la protagonista di questo racconto preferisce rintanarsi nel suo piccolo angolo, quel piccolo spazio vuoto che si trova tra il titolo del primo capitolo ed il vero e proprio inizio.

Se ne sta sempre lì.

Ogni tanto esce, spronata dall’asfissiante monotonia che quella striscia bianca del foglio le riserva, ma non va mai troppo in là di quel primo capitolo.

E’ per questo che frequenta sempre gli stessi luoghi. Essa non vede altro che la sua casa e l’immenso giardino che si trova al di fuori.

Ha osservato ogni dettaglio catturandolo con il suo sguardo curioso. Sa bene che uno dei due orologi a pendolo posizionati in salotto è leggermente in anticipo rispetto all’altro, che una delle sedie della cucina cigola e non sarebbe bene utilizzarla, e che in corridoio, dietro la cassapanca si cela una grande crepa.

Avendo imparato subito a memoria la struttura dell’interno della casa è poi passata al giardino, il quale riesce a stupirla quasi sempre. Infatti in questo caso, mette più cura nel suo già attento studio di ciò che la circonda.

Non incontra mai lo stesso fiore, né le stesse foglie, il vento ne porta sempre altre e quando passa ha sempre un qualcosa di diverso da raccontare. Le sue carezze sono così confortanti e le sue fiabe così avvincenti che Aurora quasi si dimentica di trovarsi ancora in quelle poche pagine iniziali. Ha poi imparato gli spostamenti del sole, e di come esso tramonti dieci minuti più tardi ogni due o tre settimane. In questo periodo comincia ad andarsene verso le sedici e trenta , tante volte Aurora lo ha implorato di farle compagnia e di non abbandonarla al buio della notte, ma mai queste suppliche furono ascoltate. Al contrario, l’arrogante stella scendeva piano piano come a non voler farsi scoprire, lasciandosi però alle spalle la rosata scia del suo passaggio.

Ed è a quel punto che Aurora è costretta a risalire parola per parola tutto il capitolo, per rifugiarsi nella sua stanza. Si accascia al pavimento della sua camera con gli abiti macchiati di inchiostro,tiene gli occhi chiusi aspettando paziente l’arrivo dell’alba. Sua compagna nell’attesa solo la speranza che un giorno il vento la spinga un poco verso il capitolo successivo.

 

Sofia Zazzarini

 

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