LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA NELLE MARCHE. INCONTRO CON SARA MALASPINA


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Martedì 20 dicembre 2022 si è tenuto il secondo incontro del progetto PCTO sulla Legalità, nel quale abbiamo approfondito l’argomento della presenza delle associazioni mafiose nel nostro territorio, grazie all’intervento della professoressa Sara Malaspina, che ci ha parlato appunto della sua ricerca sulla criminalità organizzata nelle Marche, contenuta nel testo Conoscere per riconoscere. La criminalità organizzata nelle Marche Edizioni Homeless book, 2019
È infatti importante sapere che la mafia non è un fenomeno esclusivamente meridionale, ma è presente anche nel centro e nord Italia.
Prima di parlare nello specifico del fenomeno nelle Marche, la professoressa ha definito le caratteristicheche devono avere le organizzazioni criminali per essere considerate mafiose, spiegando quindi l’articolo 416bis del codice penale, che tratta del reato di associazione mafiosa ed è stato introdotto dalla legge Rognoni-La Torre nel 1982.

L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte (almeno 3 persone) si avvalgono della forza dell’intimidazione del vincolo associativo e dell’omertà per commettere delitti, con lo scopo di trarre profitti o vantaggi.
Per quanto riguarda la nostra regione, essa è una nuova frontiera per la criminalità organizzata, in quanto propone una realtà che si presta ad infiltrazioni di stampo mafioso, che lavorano soprattutto nella attività di riciclaggio di denaro sporco, favorite dalla presenza del porto, dalla ricostruzione post terremoto 2016, dalla crisi economica, dal fallimento di Banca Marche.
Le Marche sono colpite dalla pratica del pendolarismo criminale e le organizzazioni mafiose che vi troviamo appartengono principalmente alla ‘Ndrangheta e alla Camorra. Tuttavia troviamo anche una mafia autoctona, la Mafia della movida, e alcune mafie etniche, tra cui prevalenti sono quella albanese e quella nigeriana, che si occupano principalmente di spaccio e prostituzione.
Le premesse storiche e politiche di una mafia marchigiana riposano nella legge dello Stato sul soggiorno obbligato del 1956 che partiva dall'idea di allontanare il mafioso dal luogo di origine, costringendolo al soggiorno obbligatorio in un comune con popolazione non superiore a 5000 abitanti e lontano da grandi aree metropolitane. Il soggiorno obbligato ha permesso a molti capi mafia e semplici affiliati di risiedere temporaneamente in un Comune di assegnazione del territorio nazionale sotto la vigilanza delle forze dell'ordine. 
Una misura che doveva essere di prevenzione si è rivelata invece controproducente, perché il soggiorno obbligato è stato tra le cause che hanno determinato l'arrivo dei mafiosi nel centro nord. 

Il territorio delle Marche non è un’area tradizionalmente mafiosa, è un’area refrattaria al fenomeno mafioso, e quindi le mafie presenti agiscono nel silenzio totale, aiutate sicuramente anche dall’atteggiamento maggioritario del negazionismo.
È una mafia trasparente, che mira alla conquista del potere, quindi al controllo del territorio, e all’arricchimento patrimoniale, sfruttando la crisi del settore industriale e gli appalti. Per queste caratteristiche si parla di una borghesia mafiosa, che agisce nella cosiddetta zona grigia.
Questa espressione nasce con Primo Levi il quale, a partire dalla realtà storica del lager, riflette su tutti coloro che collaborano al funzionamento delle istituzioni di potere semplicemente senza opporvisi; essi pensano di non fare niente di illegale, quando restano tuttavia responsabili e coinvolti.

L’incontro, infine, si è concluso con l’intervento di una volontaria dell’associazione Libera del presidio di Ancona, che ci ha parlato dei beni confiscati alla mafia nel territorio marchigiano, dei quali solo due sono aperti al pubblico: il primo si trova nella zona di Isola del piano, nel pesarese e ora ospita una biblioteca; il secondo si trova a Cupramontana e ora ospita una comunità alloggio per utenti con disagio psichico e un orto sociale, dove noi del gruppo Legalità vorremmo andare tutti insieme a maggio, per toccare con mano la realtà dei fatti.

La legge del 1982 Rognoni La Torre infatti, oltre a prevedere il reato di associazione di stampo mafioso, ha introdotto nel nostro ordinamento misure di prevenzione patrimoniali come il sequestro e la confisca dei beni dei mafiosi, a cui è seguita nel 1996 la legge sull'uso sociale dei beni confiscati. Esiste una agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata il cui scopo è quello di poter provvedere all'amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati, che nelle Marche sono 61.

La legge del 1996 era nata da una proposta di Libera, l’associazione inaugurata due anni prima, nel 1994, da Don Ciotti, già fondatore del gruppo Abele.

L’incontro è stato molto interessante e soprattutto utile, in quanto spesso si tende erroneamente ad associare la presenza della mafia al Sud, mentre con questo incontro si è visto come sia presente anche qui, seppur silenziosa.

Vittoria Santarelli 5Ct

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