Dal carnefice al giudizio: Francesca davanti a Minosse
Il dipinto di Godeardo Bonarelli della Pinacoteca Civica "F. Podesti" |
Non fui fedele in questo matrimonio, che la mia famiglia scese al posto mio. Tradii colui che ci uccise con colui che, adesso, è qui vicino a me e che si dispera, nella città dell’eterno dolore, dove l’aria è priva di luce.
Nella mia vita non ho avuto abbastanza volontà. Non seppi resistere alla tentazione di innamorarmi di chi amava il mio cuore nobile. Ma, in fondo, non è stata una mia decisione, se non sono riuscita a dare ordini al mio cuore. Colui che regna in Paradiso non avrebbe voluto mai che una persona fosse condannata a vivere con qualcuno per cui non prova nessuna tenerezza.
O forse non è così? Perché mi troverei qui, allora? È una domanda, questa, che tormenta i miei pensieri più profondi. Che cosa si prospetta adesso a me, che, per tutta la vita, ho sofferto e non ho mai avuto la possibilità di scegliere quale fosse la mia strada e non ho mai provato il senso vero della libertà.
Forse non ho meritato di trovarmi qui, non ho meritato di non trovare mai la tranquillità, di essermi dovuta sempre nascondere. E forse non merito di rimpiangere quei momenti spensierati che passai in vita, i quali, adesso che ci ripenso, forse non erano così tanti, perché anche loro erano turbati dal timore di essere scoperti e quindi, come me, non avevano e non avranno mai pace.
Ci siamo è il nostro turno. La fila scorre veloce. Spero che colui che deciderà la nostra sorte ascolti le mie preghiere e non lasci che le nostre anime vengano trasportate da una tempesta che non cessa mai. Mi giro verso Paolo per cercare conforto. I nostri sguardi si sono incontrati per un secondo, nessuno dei due ha il coraggio di dire una sola parola all’altro. Che cosa gli starà passando per la testa? Paolo si sarà pentito dello sbaglio che ha commesso? Starà pensando che non ne è valsa la pena?
Il suo viso esprime timore, perché sa che una volta oltrepassato colui che avvolge la sua coda attorno a sé non si torna più indietro.
Mi rigiro in avanti e un suono acuto si è fatto strada nella mia testa, non sento più nulla, dai miei occhi non esce neanche una lacrima. Tutto questo dolore non è dovuto al fatto di sentirmi in colpa, ma alla tristezza di non aver vissuto la vita come avrei voluto.
Commenti
Posta un commento