Il vecchio e il malato di Pietro Caimmi
“Questo non è un buon motivo”.
La frase mi risuona in testa come se non ci fosse niente dentro il che probabilmente è vero.
Mi trovo sul letto dell'ospedale perché sono il più inutile, goffo, distratto e impacciato di tutti gli sciatori d'acqua della terra.
“Un'onda ti ha sbattuto sull'acqua e ti ha spappolato il fegato” mi ha spiegato in tono allegro l'infermiere. Penso userà quel tono anche per parlare al mio funerale.
Fine della storia. Il trapianto è andato a buon fine e in due mesi sarò fuori ma a parte questo tutto bene dicono i medici.
Arriva mia madre e mi fa una predica più lunga di un discorso del papa, ma tanto ha ragione quindi non dico niente anche se ritengo che ormai sia piuttosto inutile.
L'unica cosa che mi rimane impressa è quella frase: “Questo non è un buon motivo”, fare sci d'acqua non è un buon motivo per trascorrere mesi in ospedale, per far preoccupare tutti o, per carità, saltare la scuola perchè mia madre è leggermente fissata con la scuola.
Dopo un paio d'ore anche mia madre se ne va perché andrà dai miei fratelli che non possono ancora stare a casa da soli.
Rimango solo a pensare.
È tutto molto semplice a quanto mi dicono.
C'è un solo un punto oscuro in tutta la vicenda: da dove hanno preso quell'organo?
La risposta arriva il giorno dopo da parte di un vecchio che viene a farmi visita la mattina presto.
Io sono già sveglio perché la domanda mi ha tormentato per tutta la notte ingigantendosi ad ogni ora della notte.
Il vecchio mi legge subito nel pensiero: ”Vedo che il proprietario precedente ti preoccupa” e parte subito in quarta: ”Ti avranno detto che ti hanno fatto un trapianto di fegato come se i fegati senza proprietario si trovino ovunque vero?” non rispondo ma lui continua spedito “è questo il problema con quelli come voi: non sapete mai niente.” l'insulto scivola sopra il lettino dell'ospedale senza offendermi ”Non sai che i tuoi genitori hanno pagato caro qualcuno che trovasse un fegato adatto per te e non trovandolo tra i morti l' hanno cercato tra i vivi, perché tanto è così che funzionano le cose adesso in Europa. E poi indovina un po' cos'è successo se chi hanno pagato ha buoni agganci con la mafia”.
Sono sbalordito dalla crudezza delle informazioni che mi stava riversando contro come un fiume in piena, ma il surriscaldato signore non accenna a rallentare per darmi il tempo di assimilare.
Mi racconta di come l'unica persona rilevata con gli organi compatibili ai miei, un povero operaio di una fabbrica illegale sia misteriosamente scomparso e mai ritrovato.
Ogni parola che dice la mia pancia diventa più pesante.
Il mio visitatore dice che di tutti gli interventi che ha fatto (un medico quindi) la metà era permessa da azioni illegali, ma almeno, assicura, i miei non sapevano niente di questo. “è il riuso nel nostro secolo: la morte dei poveri salva la vita dei ricchi”.
Non ho mai sentito cose così macabre, nessuno aveva mai avuto il coraggio né l'iniziativa di documentarsi su simili argomenti considerati da censurare sia dalla tv che dalle scuole.
Ho molte domande ma il medico sente dei rumori in corridoio e scivola via dalla stanza.
È mio padre venuto a vedere come stavo.
Rispondo a monosillabi e lui dopo poco imbarazzato da mio silenzio mi saluta e torna a casa.
La mia notte è popolata da supposizioni nel sonno su orribili ipotesi della morte dello sfortunato.
Una settimana dopo il mio predicatore preferito è tornato.
Mi aveva lasciato il tempo di pensare.
Al suo ritorno lo trovo più calmo e pacato lo sommergo di domande su come sia possibile che cose del genere accadano anche adesso in un epoca che si vanta della sua limpidità e chiarezza sui fatti, dove non si può nascondere niente.
Il vecchio mi guarda tristemente e mi racconta il primo aneddoto di una lunga serie.
Il suo racconto parla di un gruppo rock che dopo aver passato vent'anni a rovinare i loro corpi con i peggiori stili di vita sono andati in una clinica privata a farsi cambiare il sangue con quello di persone pagate per donarlo: il vecchio lo definisce ironicamente la nascita della medicina contemporanea e sentendo che stavo per avere visite si allontana di nuovo silenziosamente.
Dalla terza visita in poi le nostre chiaccherate si fanno più tranquille e il medico mi racconta sempre nuovi aneddoti su altre operazioni o sulla sua carriera passata.
Alcuni sono divertenti altri agghiaccianti ma da come mi guarda dopo i racconti capisco che non lo fa a caso e ogni storia ha un suo preciso principio da mettermi in testa.
Dopo la mia convalescenza sono tornato a casa e ho ripreso la vita di prima ma più cauto e allo stesso tempo più sicuro di me e di cosa accade intorno a me.
Tutto questo lo devo a quel medico che venne a raccontarmi la verità.
Durante una delle sue visite mi aveva detto che l'avrei trovato nella biblioteca della caserma Villarey che è dove mi sono presentato dopo un mese dall'ultima visita del mio vecchio amico.
La frase mi risuona in testa come se non ci fosse niente dentro il che probabilmente è vero.
Mi trovo sul letto dell'ospedale perché sono il più inutile, goffo, distratto e impacciato di tutti gli sciatori d'acqua della terra.
“Un'onda ti ha sbattuto sull'acqua e ti ha spappolato il fegato” mi ha spiegato in tono allegro l'infermiere. Penso userà quel tono anche per parlare al mio funerale.
Fine della storia. Il trapianto è andato a buon fine e in due mesi sarò fuori ma a parte questo tutto bene dicono i medici.
Arriva mia madre e mi fa una predica più lunga di un discorso del papa, ma tanto ha ragione quindi non dico niente anche se ritengo che ormai sia piuttosto inutile.
L'unica cosa che mi rimane impressa è quella frase: “Questo non è un buon motivo”, fare sci d'acqua non è un buon motivo per trascorrere mesi in ospedale, per far preoccupare tutti o, per carità, saltare la scuola perchè mia madre è leggermente fissata con la scuola.
Dopo un paio d'ore anche mia madre se ne va perché andrà dai miei fratelli che non possono ancora stare a casa da soli.
Rimango solo a pensare.
È tutto molto semplice a quanto mi dicono.
C'è un solo un punto oscuro in tutta la vicenda: da dove hanno preso quell'organo?
La risposta arriva il giorno dopo da parte di un vecchio che viene a farmi visita la mattina presto.
Io sono già sveglio perché la domanda mi ha tormentato per tutta la notte ingigantendosi ad ogni ora della notte.
Il vecchio mi legge subito nel pensiero: ”Vedo che il proprietario precedente ti preoccupa” e parte subito in quarta: ”Ti avranno detto che ti hanno fatto un trapianto di fegato come se i fegati senza proprietario si trovino ovunque vero?” non rispondo ma lui continua spedito “è questo il problema con quelli come voi: non sapete mai niente.” l'insulto scivola sopra il lettino dell'ospedale senza offendermi ”Non sai che i tuoi genitori hanno pagato caro qualcuno che trovasse un fegato adatto per te e non trovandolo tra i morti l' hanno cercato tra i vivi, perché tanto è così che funzionano le cose adesso in Europa. E poi indovina un po' cos'è successo se chi hanno pagato ha buoni agganci con la mafia”.
Sono sbalordito dalla crudezza delle informazioni che mi stava riversando contro come un fiume in piena, ma il surriscaldato signore non accenna a rallentare per darmi il tempo di assimilare.
Mi racconta di come l'unica persona rilevata con gli organi compatibili ai miei, un povero operaio di una fabbrica illegale sia misteriosamente scomparso e mai ritrovato.
Ogni parola che dice la mia pancia diventa più pesante.
Il mio visitatore dice che di tutti gli interventi che ha fatto (un medico quindi) la metà era permessa da azioni illegali, ma almeno, assicura, i miei non sapevano niente di questo. “è il riuso nel nostro secolo: la morte dei poveri salva la vita dei ricchi”.
Non ho mai sentito cose così macabre, nessuno aveva mai avuto il coraggio né l'iniziativa di documentarsi su simili argomenti considerati da censurare sia dalla tv che dalle scuole.
Ho molte domande ma il medico sente dei rumori in corridoio e scivola via dalla stanza.
È mio padre venuto a vedere come stavo.
Rispondo a monosillabi e lui dopo poco imbarazzato da mio silenzio mi saluta e torna a casa.
La mia notte è popolata da supposizioni nel sonno su orribili ipotesi della morte dello sfortunato.
Una settimana dopo il mio predicatore preferito è tornato.
Mi aveva lasciato il tempo di pensare.
Al suo ritorno lo trovo più calmo e pacato lo sommergo di domande su come sia possibile che cose del genere accadano anche adesso in un epoca che si vanta della sua limpidità e chiarezza sui fatti, dove non si può nascondere niente.
Il vecchio mi guarda tristemente e mi racconta il primo aneddoto di una lunga serie.
Il suo racconto parla di un gruppo rock che dopo aver passato vent'anni a rovinare i loro corpi con i peggiori stili di vita sono andati in una clinica privata a farsi cambiare il sangue con quello di persone pagate per donarlo: il vecchio lo definisce ironicamente la nascita della medicina contemporanea e sentendo che stavo per avere visite si allontana di nuovo silenziosamente.
Dalla terza visita in poi le nostre chiaccherate si fanno più tranquille e il medico mi racconta sempre nuovi aneddoti su altre operazioni o sulla sua carriera passata.
Alcuni sono divertenti altri agghiaccianti ma da come mi guarda dopo i racconti capisco che non lo fa a caso e ogni storia ha un suo preciso principio da mettermi in testa.
Dopo la mia convalescenza sono tornato a casa e ho ripreso la vita di prima ma più cauto e allo stesso tempo più sicuro di me e di cosa accade intorno a me.
Tutto questo lo devo a quel medico che venne a raccontarmi la verità.
Durante una delle sue visite mi aveva detto che l'avrei trovato nella biblioteca della caserma Villarey che è dove mi sono presentato dopo un mese dall'ultima visita del mio vecchio amico.
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