PARITA’ TRA GENERI O FALSO MITO DELL’ERA MODERNA?
Una delle più grandi convinzioni dell’età che ci troviamo a vivere: l’illusione che la parità sia raggiunta e che tutti siamo “felici e contenti” in questo mondo meraviglioso. Ma quando una donna viene pagata meno di un uomo e valutata per il suo aspetto fisico, dobbiamo gridarlo forte: “Siamo ancora lontani dal lieto fine”.
Tremila. Tremila sono le donne uccise nel Nostro Paese dal 2000 fino ad oggi. Tremila, sono i sorrisi di madri, di ragazze e di donne la cui vita è stata spenta dalla follia di un uomo che si è sentito in dovere di mettere la parola “fine” alla vita di una donna, che come unica colpa aveva quella di essere umana.
E ciò che fa più male in tutto questo, non è la follia di un uomo fuori di sé, ma la miriade di menti umane ottuse che credono ancora che quell’uomo possa aver avuto delle ragioni. Perché la donna deve pur aver fatto qualcosa. Un rossetto troppo scuro, una gonna troppo corta, un vestito troppo scollato. Qualcosa che ha scatenato l’ira dell’uomo la donna deve averlo fatto, perché è facile riversare la colpa su vittime la cui voce è stata messa a tacere per sempre. Difficile è confrontarci con il pensiero sterile di un uomo dittatore, e renderci conto che quel pensiero ottuso e bigotto è impresso nella nostra mente più di quanto vorremmo. E rimane lì, fermo e imperterrito, fino a quando non iniziamo a ribellarci a questo sistema che vuole l’uomo prevaricatore.
Nell’anno 2017 un sondaggio condotto tra studenti universitari, rileva che per un studente su tre, la colpa della violenza subita ricade sulla vittima. Ma il dato allarmante non deve spaventarci troppo: d’altronde, l’dea che una ragazza stuprata abbia sedotto il suo carnefice, arriva quasi a sfiorare la normalità. Perché siamo pieni di immagini cosi vuote che inducono realmente a credere che la donna sia solo parte dello sfondo e possa essere modellata come plastilina dalle mani di una mente limitata.
Donne, che assomigliano più a cornicette, come quelle che si disegnavano alle elementari, che permettono di abbellire il contesto non più di quanto possa fare un bel disegno. Inquadrature solo del fisico, chiome di lunghi capelli che si muovono a ritmo di musica, visi sorridenti dallo sguardo vuoto, come quello di una bambola. Al contrario, gli uomini parlano e interagiscono tra loro sfruttando la brillante intelligenza che la natura gli ha donato: perché?
Perché una donna bella non può essere intelligente e perché una donna che non rientra nei canoni di bellezza stabiliti da “chissà chi” non può mostrarsi per la sua totalità? E perché nessuna donna urla in piazza ribellandosi a questo sistema che limita l’esistenza femminile a “contorno”, ma lo accetta, illudendosi nell’idea di essere libera, quando è solo schiava di un sistema che la vuole così e così l’avrà?
Finché custodiamo il nostro silenzio di fronte alla televisione, rappresentanza del pensiero pubblico, che mostra la donna come un involucro bello e vuoto, finché ci accontentiamo di stipendi più bassi, finché viviamo con l’idea di poter perdere il lavoro se diventiamo madri, non possiamo parlare di libertà.
E dobbiamo farlo anche per tutte quelle donne che prima di noi hanno lottato per i propri diritti, per la propria libertà, per essere uguali agli uomini. Perché dobbiamo abbattere quel muro che ci illude di vivere in un sistema paritario, quando più maschilista di così non potrebbe essere e che sta tornado indietro. Perché finché la libertà di una sola donna verrà messa a tacere, limitata in un involucro stretto, quasi quanto i vestiti striminziti delle donne dello spettacolo, non possiamo parlare di libertà, uguaglianza, parità. Possiamo solo tristemente ammettere di essere ancora lontani dal lieto fine.
Lucrezia Sofia Diotallevi
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